Bruges
Un malavitoso che la ama e la ricorda con passione, un killer che la detesta al primo sguardo.
Protagonista di questi sentimenti ambivalenti Bruges, gioiello medievale nel cuore delle Fiandre. E se la città già era nota per la sua bellezza e unicità, dopo il film In Bruges con Colin Farrell e Ralph Fiennes ha conquistato altri fan, stregati dal suo fascino brumoso, quasi oscuro. Il killer Farrell non la sopporta, non ne capisce la poeticità, è un buono, ma senza gusto. Il suo antagonista malavitoso Fiennes è cattivo, ma esteta. Un confronto tra i due che non ha vincitori né vinti. Ne esce invece alla grande la città, scenografia attiva e non passiva, attraversata a piedi e di corsa dai protagonisti, vissuta in ogni suo aspetto, talvolta ridicolizzata, talaltra esaltata dai folli dialoghi dei personaggi poco politicamente corretti. Come quello che coinvolge il killer e una famiglia di turisti americani un po’ sovrappeso. Salire gli 83 metri del beffroi, la torre campanaria che domina la piazza del Markt, è uno dei “must” di Bruges che regala un bellissimo panorama, ma non è un gioco da ragazzi. Ottimisti come nelle migliori rappresentazioni di se stessi, gli americani credono di potercela comunque fare. Farrell cerca di dissuaderli. A modo suo, ovviamente. Solo il (secondo) tempo gli darà ragione.
La scoperta della città prosegue un monumento dopo l’altro. La telecamera sorvola i canali, i protagonisti procedono in una sorta di tour forzato alla scoperta di Bruges e tutti i classici dei turisti qualunque. Lentamente vengono rapiti dal fascino che li circonda, anche se non sanno bene come interpretarlo.
Palazzi merlati e decorati da statue, piazze silenziose, chiese. Difficile resistere.
Nella basilica del Sacro Cuore, per esempio, uno dei malviventi si emoziona di fronte all’ampolla che conterrebbe gocce del sangue di Cristo condotte dalla Terra Santa fino al Belgio dai crociati. Emozione che continua al museo Groeninge (web) di fronte ai capolavori dell’arte fiamminga. Solo un po’ di timore coglie i protagonisti di fronte al Giudizio universale di Hieronymus Bosch. E come non comprenderli?
Lentamente la città costringe a una presa di coscienza. La bellezza dei panorami fa da contraltare alla cupezza di vite difficili che cercano di risollevarsi con l’ironia, ma che inevitabilmente sfociano nella violenza. Anche in occasione di momenti romantici. Bruges rivela anche questo suo aspetto. È suggestiva dall’alba al tramonto, da girare a piedi con tranquillità, sentendo solo il rumore dei propri passi sull’acciottolato delle strade. “È una favola”, ripete in continuazione il malavitoso Fiennes in maniera decisamente colorita. Pur non essendo presente in città, se la ricorda perfettamente: i canali, i ponti, i cigni... Spera anche di tornarci prima di morire. Quasi una premonizione. L’ennesimo contrasto tra la quiete della location e la follia dei protagonisti del film. Il regista, Martin McDonagh, sceglie la serenità dell’Astrid Park per una “quasi” sparatoria/suicidio, trasforma la vita notturna di Bruges in una sorta di Carnevale perenne con nani e ballerine (letteralmente), e anche un grande classico come il Rozenhoedkaai, il lungo canale delle rose, uno dei punti più fotografati della città, diventa oggetto di ironia e, allo stesso tempo, piacere. Le contrapposizioni sono infinite. Ormai il pubblico dei thriller d’azione è abituato alle sparatorie in strada. Per questo spesso, anche durante una prima visita, New York sembra tanto familiare (senza proiettili volanti possibilmente). Pensando a Bruges non vengono in mente armi, se non quelle medievali, forse. Eppure la sparatoria finale è credibile e unica nel suo genere, con colpi di scena e stravolgimenti, inseguimenti lungo vicoli silenziosi, canali placidi, angoli suggestivi, senza nemmeno un rumore di sirena a interrompere lo scontro. Tutto sempre con un’attenzione particolare sui dialoghi e l’umanità perduta e ritrovata dei protagonisti. Il lieto fine
Meta classica del turismo culturale, Bruges si trasforma quindi in una favola dark, con il suo dovuto unhappy end. La città non ne perde. Anzi, il film si allontana dai luoghi comuni pur calpestandoli uno dopo l’altro. Una visione alternativa che può solo convincere anche i viaggiatori più originali e cinefili. Seguire le orme di Colin Farrell è un’esperienza da provare. Senza pistole e con un lieto fine, ma sempre In Bruges.