Alla scoperta delle montagne impossibili da scalare
Le montagne, soprattutto quelle più belle e spettacolari, affascinano da sempre gli esseri umani e attraggono gli scalatori che in ogni parete vedono una sfida personale. Tutti o quasi sappiamo che le montagne oltre gli 8.000 metri sono 14 nel mondo e sono le più difficili da conquistare, almeno per chi non è uno scalatore professionista.
L’altitudine rende infatti più ardua ogni scalata e, non a caso, proprio sopra gli 8.000 metri si parla di “Zona della Morte”. Per determinare la difficoltà di una ascesa ci sono, però, anche altri parametri. Difatti ci sono diverse vette al di sotto di quella fatidica quota considerate ai limiti dell’impossibile anche da parte degli addetti ai lavori.
In questo articolo che vi proponiamo su Miabbono, partiremo proprio dagli Ottomila metri per poi passare ad una panoramica riguardante le altre vette “impossibili da scalare” in giro per il mondo.
Quali sono le 14 montagne sopra gli 8.000 metri?
1. Everest 8.850 m (Nepal / Cina)
2. K2 8.611 m (Pakistan / Cina)
3. Kangchenjunga 8.586 m (Nepal / India)
4. Lhotse 8.516 m (Nepal / Cina)
5. Makalu 8.462 m (Nepal / Cina)
6. Cho Oyu 8.201 m (Nepal / Cina)
7. Dhaulagiri 8.167 m (Nepal)
8. Manaslu 8.163 m (Nepal)
9. Nanga Parbat 8.126 m (Pakistan)
10. Annapurna 8.091 m (Nepal)
11. Gasherbrum II 8.068 m (Pakistan / Cina)
12. Broad Peak 8.047 m (Pakistan / Cina)
13. Gasherbrum II 8.035 m (Pakistan / Cina)
14. Shisha Pangma 8.027 m (Cina)
Ottomila metri: breve storia sulle imprese
La prima scalata riuscita su una vetta di Ottomila metri avvenne il 3 giugno 1950, quando gli alpinisti francesi Maurice Herzog e Louis Lachenal riuscirono a raggiungere la vetta dell’Annapurna. In realtà da molti anni diverse spedizioni avevano tentato di conquistare le cime più alte del mondo ma, spesso, l’impresa era finita in dramma.
L’Everest, la montagna più alta del mondo, fu invece scalata per la prima volta il 29 maggio 1953 da Tenzing Norgay ed Edmund Hillary, mentre il terribile K2 venne domato il 31 luglio 1954 da una spedizione italiana. In quell’occasione il coraggio di Walter Bonatti fu decisivo per portare a termine l’impresa e, nel mondo dell’alpinismo, nessuno può scordare il tradimento che il giovane bergamasco subì dai compagni di avventura Compagnoni e Lacedelli (i due che arrivarono in cima) e dal capo spedizione Desio.
A proposito di Italia, ricordiamo con piacere anche la figura di Reinhold Messner, il primo uomo ad avere scalato tutte le quattordici vette di 8.000 metri (impresa conclusa nel 1986).
Degna di nota risulta inoltre la leggendaria scalata in solitaria da parte di Hermann Buhl (Austria) sul Nanga Parbat il 3 luglio 1953. A proposito di Nanga Parbat, la vetta venne per la prima volta scalata in inverno il 26 febbraio 2016 e tra gli autori dell’impresa vi fu l’italiano Simone Moro (l’altoatesina Tamara Lunger dovette, invece, fermarsi a poche decine di metri dal termine).
Proprio Moro detiene il record, che ormai non potrà più essere battuto, di prime invernali sugli 8.000 metri: Shisha Pangma nel 2005 con Piotr Morawski, Makalu nel 2009 con Denis Urubko, Gasherbrum II nel 2011 con lo stesso Urubko e Cory Richards e il già citato Nanga Parbat con Alex Txikon e il compianto Muhammad Ali Sadpara.
In questo breve paragrafo, ricordiamo infine un paio di grandi avvenimenti degli ultimi due anni, dovuti principalmente al nepalese Nirmal “Nimsdai” Purja. Prima, nel 2019, è riuscito a scalare tutte le 14 vette in appena sei mesi e sei giorni (il record precedente, di Kim Chang-Ho, era di 7 anni, 10 mesi e 6 giorni). Il 16 gennaio 2021 ha realizzato la prima ascensione invernale nella storia del K2 assieme ad altri nove connazionali ma, a differenza di questi, senza l’ausilio di ossigeno supplementare.
Quali saranno le prossime frontiere su quelle montagne? Noi speriamo che la visione “green” auspicata da Purja e da tanti altri campioni sia la strada verso cui muoversi. L’inquinamento sta causando un rapido peggiorando della situazione anche in quei luoghi remoti e, tutta l’immondizia lasciata da alcune spedizioni commerciali, non può che velocizzare questo processo.
Non solo le Ottomila metri… quali sono le altre montagne “impossibili” da scalare?
Sulle riviste di montagna, l’alpinismo è trattato tenendo conto delle necessità di chi sta imparando a scalare e della grande passione per l’ambiente montano da parte di una fascia molto ampia di popolazione. Parliamo di quelli che adorano i racconti di imprese epiche di diversi periodi storici, a partire dal 1800 quando iniziarono le prime spedizioni esplorative, con mezzi che oggi non userebbe nessun principiante e che richiedevano una forza fisica incredibile.
Per scoprire quali sono considerate le cime quasi impossibili da scalare ci si può avvicinare alla montagna con riviste di cultura alpina che non mancano mai di spiegare che esistono pareti inviolate per diversi motivi.
A volte si trovano in luoghi inaccessibili per motivi politici – come il Kirghizistan, diventato più accessibile dopo il crollo dell'Unione Sovietica – o religiosi, come il Gangkhar Puensum che è la montagna inviolata più alta del mondo, con i suoi 7.570 metri, perché si trova in Buthan, paese che dal 2003 proibisce l'alpinismo, per rispetto delle credenze del suo popolo che vede queste montagne come dimore degli spiriti.
Allo stesso modo, è vietato scalare il Machapuchare (6.993 m, Nepal) e il monte Kailash in Tibet, alto 6.630 metri e centro spirituale di quattro religioni: l'Induismo, il Buddhismo Tibetano, il Giainismo e il Bön.
In altri casi si tratta di montagne che si trovano in luoghi geograficamente complicati da raggiungere o con un clima difficile: rientrano in questo gruppo le cime della Groenlandia che vanta il maggior numero di vette non conquistate oppure della Cordigliera Artica canadese.
Ci sono poi montagne considerate pericolose dal punto di vista dell’indice assoluto di mortalità, indice determinato dal rapporto tra numero di persone che hanno provato a scalare la montagna e il numero dei decessi avvenuti. Se prima del 1990 i dati di mortalità per gli Ottomila metri erano terrificanti, oggi, invece, abbiamo percentuali nettamente migliori ma… purtroppo diversi alpinisti hanno perso egualmente la vita, in particolare su cime quali Annapurna, K2, Nanga Parbat, Dhaulagiri e Kangchenjunga.
Altre cime sono famose per la loro difficoltà tecnica e non possiamo non citare in Patagonia, tra il Cile e l’Argentina, il Monte Fitz Roy, che ha un picco interamente verticale e vanta condizioni meteorologiche incostanti.
Ad Ovest del Fitz Roy si trova la montagna a bassa quota più difficile da scalare del mondo: il Cerro Torre. Il suo picco si trova a poco più di 3.000 metri d’altezza, ma si tratta di arrampicarsi in verticale su un ghiacciaio lungo un chilometro e mezzo che porta ad una cima perennemente ricoperta da un mutevole “fungo” di ghiaccio. Ulteriore difficoltà risiede nel fatto che il clima della zona rende difficile trovare finestre di bel tempo sufficientemente ampie per non rischiare di trovarsi, durante la discesa, in mezzo a una tempesta.
Guardando all’Italia, non possiamo non citare il Monte Cervino, la cui reputazione lo iscrive tra le cime pericolose: ad oggi sono ben 450 gli scalatori morti nel tentativo di conquistarne la vetta. La parete Nord scalata da Bonatti nel 1965 in solitaria resta una delle pagine più emozionanti della nostra storia alpinistica.
Infine, restando sulle Alpi, la parete Nord dell’Eiger (che, come il Cervino, viene ormai scalata da numerosi alpinisti) resta una delle più difficili al mondo da scalare nell’immaginario collettivo e… a proposito della montagna svizzera, qualcuno di voi si ricorda il mitico film “Assassinio sull’Eiger” diretto nel 1975 da Clint Eastwood?
Che cosa dire ancora? L’alpinismo è un mondo incredibile, difficile non restarne affascinati, arrivati in cima ad una vetta si provano emozioni uniche e indimenticabili. E’ per questo che chi ama la montagna, nonostante le difficoltà che essa nasconde, non può starne lontano.
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